La chiesa parrocchiale, dedicata a San Giovanni Battista, è stata costruita dagli albanesi che abitavano l’allora casale agli inizi del 1500. Probabilmente venne ultimata già nel 1526. Cadente, fu demolita e ricostruita tra il 1936 ed il 1938, su progetto di Aldo Mainieri.
Nella chiesa di San Giovanni Battista sono evidenti elementi dell’architettura romanica a cui il progettista si è ispirato. L’articolazione ritmica sia delle strutture di sostegno che di quelle sostenute, la complessa organizzazione delle masse e degli spazi che danno un senso di robustezza accentuata dalla presenza di lesene e contrafforti, fanno della chiesa matrice di Acquaformosa uno splendido esempio del romanico dell’Italia meridionale.
In questa chiesa si incontrano, fondendosi, i tipi e le forme occidentali ed il mondo greco. La pianta si sviluppa in lunghezza con asse longitudinale, a tre livelli: navata-solea-vima. Solidi pilastri rettangolari sostengono le spinte laterali degli archi a tutto sesto che separano la navata centrale dalle due laterali. Un cordolo in cemento armato regge la volta a botte della navata centrale che viene divisa in due campate dall’arco trionfale. Sul lato orientale della navata centrale vi è una parte sopraelevata, è il solea, che è il luogo della comunione dei fedeli, oltre il solea, divisa dall’iconostasi, che letteralmente significa luogo delle icone, su un piano ancora superiore si trova l’Altare (da alta ara) che significa alto luogo, dove si accede attraverso la Porta Regale.
Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista
All’interno dell’altare si erge la tavola santa che
per mistica trasposizione, raffigura il Signore stesso. La parete absidale è liscia e presenta al centro una bifora, è priva di catino. Il transetto separa il vima dal resto della chiesa. Il braccio del transetto a nord è coperto da volta a botte e da l’accesso alla cripta, mentre nel braccio a sud si innalza il campanile.
La navata sinistra con soffitto piano è divisa in tre campate e culmina con il battistero, la parete esterna è finestrata con due monofore ad arco a tutto sesto strombate all’interno. La navata destra simile alla sinistra termina con il transetto.
La facciata esterna presenta al centro l’ingresso preceduto dal protiro sopra il quale il rosone da luce alla navata centrale. Sopra il rosone loggette ed archetti la rendono elegante ed animata, culmina con la classica forma romanica detta a capanna. Le lesene dividono il corpo centrale dai due laterali. Il campanile a torre ottagonale culmina con la cupola coperta con elementi decorativi di manufatti in argilla dipinti con smalti policromi.
La navata sinistra con soffitto piano è divisa in tre campate e culmina con il battistero, la parete esterna è finestrata con due monofore ad arco a tutto sesto strombate all’interno. La navata destra simile alla sinistra termina con il transetto.
La facciata esterna presenta al centro l’ingresso preceduto dal protiro sopra il quale il rosone da luce alla navata centrale. Sopra il rosone loggette ed archetti la rendono elegante ed animata, culmina con la classica forma romanica detta a capanna. Le lesene dividono il corpo centrale dai due laterali. Il campanile a torre ottagonale culmina con la cupola coperta con elementi decorativi di manufatti in argilla dipinti con smalti policromi.
- Parete absidale liscia
- Il transetto separa il vima dal resto della chiesa
- Il braccio del transetto a nord è coperto da volta a botte
- Nel braccio a sud si innalza il campanile
- Navata sinistra divisa in tre campate
- Culmina con il battistero
- Parete esterna è finestrata con due monofore ad arco
- Navata destra simile alla sinistra termina con il transetto
I Mosaici della chiesa di San Giovanni Battista
La parola “icona” deriva dal greco, eikwn (eikon), e significa immagine. I bizantini indicano con questo nome ogni raffigurazione del Cristo, della Madonna, dei Santi e di altri soggetti qualunque sia la tecnica e la materia usata. Nel linguaggio comune si è soliti dire “dipingere una icona”, in realtà, forti della tradizione teologica, ormai millenaria, dobbiamo dire “scrivere un’icona”, perché anch’essa è parola di Dio scritta con l’immagine mediante un linguaggio codificatosi nei secoli e per questo comprensibile nel suo significato più profondo. In corrispondenza di uno “scrivere” c’è un “leggere” l’icona. Ognuno che si avvicina ad un’icona deve sforzarsi di leggerla, una indicazione valida per leggere un’icona è quella di aver chiaro il perchè qualcuno l’ha “scritta”. L’intendimento solito di chi “scrive icone” è quello di : – testimoniare l’invisibile; – sostenere la nostra fede e speranza; – aiutarci a pregare; – trasfigurarci nella carità. Se ogni cristiano si avvicina alle sacre icone con questi intendimenti certamente non sarà rapito, solamente, dalla loro bellezza estetica. Una fucina ove allenare il proprio spirito, in questo senso, è la chiesa di San Giovanni Battista di Acquaformosa. Infatti dal 1989 un’idea di Padre Vincenzo Matrangolo, ispirato dallo Spirito, si sta realizzando. Il maestro mosaicista di Acquaformosa, Biagio Capparelli, aiutato da discepoli anch’essi acquaformositani, ha dato avvio alla decorazione musiva della chiesa. E’ difficile che entrando in questa chiesa, non sfugga un’espressione di meraviglia per tanto splendore; ma una volta superato questo primo momento di rapimento per il visibile, si deve guardare l’icona con spirito contrito, come se si fosse davanti al rappresentato, all’invisibile. San Basilio diceva: “l’onore che si attribuisce all’immagine trascorre sul prototipo”, su colui o colei che sono rappresentati.
- La parola “icona” dal greco, eikwn (eikon) significa immagine
- Forti della tradizione teologica, dobbiamo dire “scrivere un’icona”
- In corrispondenza di “scrivere” c’è “leggere” l’icona
- L’intendimento di chi “scrive icone” è quello di sostenere fede e speranza
- Navata sinistra divisa in tre campate
- Culmina con il battistero
- Parete esterna è finestrata con due monofore ad arco
- Navata destra simile alla sinistra termina con il transetto
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Il 6 gennaio la chiesa bizantina celebra l’Epifania o Teofania, festa della manifestazione della Divinità di Cristo. Questa Festa, detta anche Festa delle Luci, è, dopo la Pasqua, la maggiore e più sentita delle feste del calendario bizantino, tanto che nel dialetto leccese viene ricordata come “Pasca Pifania“.
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